venerdì 18 novembre 2011

La ricerca della felicità

Narra una parabola che quando moriremo e ci troveremo al cospetto di Dio, egli non ci chiederà quante preghiere abbiamo recitato, quante buone azioni abbiamo fatto, né quanti soldi abbiamo guadagnato.  
La sua unica domanda sarà: “sei stato felice?”.

La ricerca della felicità è il motivo della nostra esistenza. Ogni volta che siamo felici siamo più vicini a noi stessi, alla nostra natura profonda. Siamo più vicini ad una vita piena e vera. In altri termini, siamo più vicini allo Spirito, qualunque sia la forma che questo assume per noi.
Questo è il nostro compito esistenziale. Questa è la sola, vera responsabilità che abbiamo. Ed è totalmente nostra. In quanto adulti, siamo responsabili di noi stessi e della nostra vita. Nessuno è responsabile della nostra felicità, e noi non siamo responsabili della felicità di nessun altro.
Cercare la propria felicità naturalmente non significa saltare allegramente da una festa all’altra rifiutando gli oneri della vita. Si può essere felici anche in mezzo alla sofferenza: e un esempio illustre ne è Madre Teresa di Calcutta.
Cercare la propria felicità significa vivere appieno e onorare la propria vita; significa smettere di accusare il destino, Dio, il governo o qualunque persona per la propria infelicità; significa assumersi la responsabilità di se stessi, compiere scelte coraggiose, ed essere disposti a pagarne il prezzo. Significa lasciare agli altri la stessa libertà.    
Solo così possiamo, forse, avvicinarci alla Felicità.

Ho commesso il peggiore dei peccati che possa commettere un uomo: non sono stato felice. J.L. Borges

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